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  • Immagine del redattoreLannaronca

Passata di pomodoro story



Ricordo ancora con orrore quel periodo, quando la mamma diceva “la prossima settimana si fa la salsa di pomodoro” risuonava un coro di: “io non ci sono, devo studiare, ho una visita ...” ma lei era implacabile e non c’erano scuse che tenessero, tutti dovevano dare il loro contributo, anche Duilio, che allora era il mio fidanzato e che sarebbe sparito volentieri.

Si cominciava con l’andare dal contadino a comprare i pomodori da salsa, e già questo era un viaggio non da poco. Il papà infatti si sbagliava strada tutte le volte e finivamo per girare a vuoto in mezzo alla campagna, con la mamma che non mancava mai di dire “te l’avevo detto ..., dovevi girare lì, e poi lì ...” All’arrivo si facevano un sacco di piacevoli chiacchere e si tornava a casa non solo con le casse di pomodori, ma anche con l’immancabile bottiglia di grappa fatta in casa dal contadino.

Il primo lavoro spettava a me: lavare i pomodori che venivano versati nella vasca da bagno riempita d’acqua. Inginocchiata per terra, con le mani nell’acqua, dovevo anche sopportare i dispetti di Scotti, il nostro cocker, che mi rubava le ciabatte e mi mordicchiava i piedi, perché non gli davo ascolto e, vedendomi a terra, voleva giocare, l’avrei mangiato di baci, ma non potevo fargli la doccia! Il papà andava in cantina a prendere l’attrezzatura e la mamma tirava fuori un vecchio tavolino quadrato, basso, anzi troppo basso, dove appoggiavamo il grande “passa pomodoro” a manovella. Destinavamo una piccola stanza per compiere tutte le operazioni, e ne ricoprivamo il pavimento con della plastica, per non rovinare il marmo con l’acido dei pomodori. Facevamo la spola dal cucinotto, dove da giorni sterilizzavamo i vasi per le conserve e bollivamo i pomodori un po’ alla volta, al laboratorio, come avevamo deciso di chiamare la stanza.

Una volta pronti tutti gli ingredienti, cominciava il gran lavoro. Gli uomini a turno giravano la manovella, mentre io e la mamma versavamo i pomodori nella macchina infernale e riempivamo i vasi. Era un lavoro massacrante e alla sera avevamo tutti la schiena dolorante! Un anno anche il povero Scotti, ghiottissimo di pomodoro, a furia di leccare il pavimento, ebbe un attacco di gastrite tale da farlo piangere per il male allo stomaco.

Ma non era finita qui. Siccome bisognava conservare la salsa tutto l’inverno, la mamma tirava fuori due pentoloni, che vedevo solo in quell’occasione, avvolgeva i vasi in teli di cotone e li metteva a bollire lì dentro. Questa operazione veniva fatta generalmente dopo cena, finché guardavamo la tv e man mano che i vasi si raffreddavano sentivamo il caratteristico “clak” del sottovuoto, che continuava anche dopo essere andati a letto.

Anche ora faccio delle conserve, anche se molto meno, ma ogni volta che sento quel “clack” penso a quelle notti d’estate, quando per il caldo e le zanzare non dormivamo e contavamo i vasi sterilizzati dal suono che facevano.

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