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Trieste in tre giorni - maggio 2015 - 3 parte

Immagine del redattore: LannaroncaLannaronca

21 maggio 2015

Questa mattina facciamo colazione tutti insieme, ci hanno preparato un tavolo da 8 e noi ci attardiamo tra una fetta di strudel e una di putitza, poi usciamo per prendere l’autobus e andare in Piazza Oberdan. Qui aspettiamo un po’ emozionati il Tram per Opicina, una delle più famose attrazioni turistiche di Trieste.

Questo tram collega il centro a Villa Opicina, sull’altopiano del Carso, e ha una particolarità unica: nel tratto in salita, si trasforma in una funicolare!

Saliamo a bordo e ci sediamo su panche di legno, il nostro scopo non è tanto arrivare, ma scoprire il fascino del percorso, su di un mezzo che ha più di 100 anni, quasi un tuffo nel passato.

Il tram comincia a muoversi tremando e sobbalzando e dopo solo poche fermate in città, comincia a inerpicarsi tra case, cespugli e vicoli, per svelare improvvisamente panorami mozzafiato di Trieste e del suo golfo.

Dentro c’è qualche turista curioso come noi e qualche triestino puro che rinuncia al moderno autobus preferendo di gran lunga il fascino innegabile di questo vecchio mezzo. Un viaggio indimenticabile!

Scendiamo alla fermata dell’Obelisco e dal belvedere godiamo del panorama della città e del golfo.

Si sta alzando il vento che prende sempre più forza e ci scompiglia i capelli e le sciarpe, “No, ma questo non è vento ... è bora”, sentenzia Duilio che, da vero triestino, ama visceralmente la bora e ne è totalmente coinvolto. La bora è il vento dell’energia che tutto rischiara e tutto pulisce, porta una nuova vita e ci scuote dal torpore della quotidianità. Non c’è niente da fare, fa parte di lui ed è una delle cose che gli mancano e gli mancherà sempre!

Facciamo ancora due passi lungo la Napoleonica, una strada panoramica che congiunge Opicina a Prosecco e poi riprendiamo il tram per tornare a Trieste.

Pranziamo al Buffet da Pepi uno dei locali storici più conosciuti e amati di Trieste

La cucina qui affonda le proprie radici nella tradizione austro-ungarica e per le sue carni di

maiale si usa la tecnica antica della cottura in caldaia.

È frequentato da persone del quartiere, lavoratori del centro, clienti abituali e turisti e riuscire a trovare posto a sedere per otto è quasi un miracolo.

Rimaniamo deliziati dalle loro proposte: luganighe e capuzi, porzina e cotechino e l'ineguagliabile piatto misto, condito e profumato con senape e kren. Qualcuno, innamorato del prosciutto cotto in crosta, ne approfitta per mangiarsi un bel panino. Tutti contenti e allegri!

Poi andiamo al Caffè Tommaseo, il più antico di Trieste, dove in un’atmosfera elegante e un po’ retrò, ci gustiamo un buon caffè.

La nostra piccola vacanza è terminata e noi lasciamo questa città con un po’ di malinconia, vorremmo restare e conoscerla più a fondo.

Trieste, a prima vista composta e quasi austera, forse complice il mare, la sua meravigliosa gente o forse la bora, si è rivelata vivace e piena di gioia di vivere, ma anche elegante e raffinata, una città da amare e dove tornare sicuramente.


 
 
 

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