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  • Immagine del redattoreLannaronca

Trieste in tre giorni - maggio 2015 - 2 parte

20 maggio 2015

Oggi giornata pienissima, dopo colazione, prendiamo l’autobus e scendiamo in centro per cominciare a conoscere questa città, ciondoliamo un po’ per le vie principali, in Galleria Tergesteo, piena di eleganti negozi, in Piazza della Borsa, e in Piazza Verdi, vicino al Teatro Comunale. Qualche anno fa è stato fatto un gran lavoro di pulizia dei palazzi e restauro delle strade, per cui la Trieste che ricordavo quasi non c’è più, ha lasciato il posto ad una città pulita e accogliente dove non c’è nemmeno una cartina per terra!

Arriviamo in Piazza dell’Unità ed il colpo d’occhio è notevole: tutt’intorno grandi palazzi, austeri ed eleganti ed un bar storico, il Caffè degli Specchi.

Entriamo e subito rimaniamo piacevolmente sorpresi dall’ambientazione un po’ retrò, ma calda ed accogliente, sembra quasi che qui il tempo si sia fermato al glorioso passato austro-ungarico, quasi quasi mi sento la Principessa Sissi!

Vorremmo bere un caffè, ma ci danno una sorta di promemoria e un’azione apparentemente semplice come ordinare un caffè, diventa quasi una sfida.

La terminologia locale è un vero rompicapo: cosa saranno mai un “capo in b”, “un nero” o “un gocciato”? Da noi semplicemente un caffè o un caffè macchiato, ma qui a Trieste, la città del caffè, una vera e propria tradizione.

Ci servono un ottimo caffè accompagnato da un bicchierino di cioccolato e tanta gentilezza. E poi tante chiacchere, perché qui nessuno ti manda via e puoi goderti la pausa in santa pace.

Usciamo di nuovo sulla meravigliosa piazza e nel raccontare ai nostri amici cosa hanno di fronte, Duilio e Claudio improvvisano un teatrino che ci diverte molto, uno fa il giornalista, mentre l’altro impersona Mauro Fortini, un disturbatore con la penna in bocca, che si vede spesso in televisione.

Il tutto parte dal nome dei due automi che stanno a lato della campana sulla torre del palazzo del Municipio, Mikeze e Jakeze, nomi che nessuno riesce a pronunciare senza impappinarsi. E così giù a ridere ancora!

Ci inoltriamo nel quartiere storico di Cavana, lo ricordo un tempo malfamato, dove la sera era meglio non passare, ma oggi ristrutturato e portato a nuova vita. Lo troviamo molto caratteristico con i suoi piccoli vicoli stretti e talvolta ripidi, pieno di negozi e botteghe artigianali.

Poi camminiamo sulle Rive fino a trovare altre statue a grandezza naturale, sono due "mule" triestine, cioè ragazze, forse sartine, impegnate a cucire la bandiera italiana e un Bersagliere che sale le scala sventolando il tricolore.

Ci spingiamo sul Molo Audace, una lingua di cemento che si sporge verso il mare e lo percorriamo fino alla fine dove ci aspetta la rosa dei venti, da qui è bellissimo ammirare Piazza dell’Unità, piazza e mare si abbracciano, come se non esistessero confini.

Torniamo lungo il Canal Grande dove andiamo a visitare la Chiesa Ortodossa di San Spiridione mentre Duilio va a prendere gli altri amici che arrivano da Bologna.

L’interno della Chiesa, secondo i canoni bizantini, è magnificamente decorato da pitture a olio e da splendide icone, e poi le volte azzurre e oro ... una meraviglia, quasi una fuga in oriente, un esempio della multiculturalità triestina e un tempio religioso di grande fascino!

Ci incontriamo sui gradini della chiesa di S. Antonio Nuovo e, mentre andiamo a pranzo, ci fermiamo a fare delle foto con la Statua di Umberto Saba che, come un comune passante, con passo lento, si incammina verso la sua libreria, distante pochi metri. Un omaggio della città al suo famosissimo e molto amato poeta.

Andiamo alla Trattoria da Giovanni, ottimo rifugio per affamati, con cucina della tradizione triestina: prosciutto cotto servito caldo, wurstel, porchetta, musetto, bolliti misti con senape e una badilata di crauti, il tutto spolverato con cren, e che dire dello strudel di mele tiepido e della Sacher!

Ci sediamo all’aperto e godiamo della nostra compagnia, ora ci siamo tutti e 8.

Sazi come maialini, ci mettiamo in cammino per smaltire il pranzo e ci dirigiamo verso San Giusto. Siamo ancora ai piedi del colle, e così, in mezzo alla città, ci troviamo di fronte, quasi inaspettato, l’Anfiteatro Romano, una delle più suggestive testimonianze dell’antica Tergeste.

Piccolo, ma ben conservato, ha un unico difetto è purtroppo soffocato tra i palazzi e ha una strada di traffico davanti.

Giungiamo alla Cattedrale di San Giusto percorrendo una bella salita, ma ne siamo felici perchè in questo modo possiamo ammirare una Trieste un po' diversa, quasi nascosta. Felici ... andiamoci piano ... io sono distrutta!

La fatica alla fine è ampiamente ripagata dalla vista sulla città e da questa cattedrale simbolo di Trieste, che ci colpisce e ci affascina subito, non è imponente, ma ha quello splendido rosone gotico sulla facciata che la rende unica e altri meravigliosi inserti in pietra bianca che risaltano sui mattoni.

Non rimaniamo delusi nemmeno visitando l’interno che ha 5 navate ed è impreziosito da stupendi mosaici e da manufatti antichissimi.

Tra la chiesa e il castello attraversiamo un Antico Foro Romano, alla fine del quale fa bella mostra un grande Monumento ai Caduti della Prima guerra mondiale.

Entriamo al Castello dove vediamo le statue originali di Mikeze e Jakeze e allora ricominciano le prove di dizione ... che disastro!

Purtroppo è tardi, il Castello sta per chiudere e il tempo sta velocemente peggiorando, forse pioverà. Allora saltiamo il Museo Civico e il Lapidario, ma riusciamo a fare il giro delle mura che, dai bastioni e dai camminamenti, ci offre una vista stupenda sulla città e sul mare.

Dopo una piccola pausa in hotel, prendiamo le auto e ci fermiamo alla Risiera di San Sabba, unico campo di sterminio in Italia durante la seconda guerra mondiale.

Costruita come stabilimento per la pilatura del riso, si trova in una zona periferica e non si distingue particolarmente dall’ambiente che la circonda; tende a mimetizzarsi fra un supermercato e i palazzi circostanti. Un edificio piuttosto piccolo, ho pensato quando sono uscita, per l’orrore che è riuscito a contenere.

Passiamo attraverso locali claustrofobici, testimoni della detenzione e della tortura di tanti innocenti, una piccola succursale dell’Inferno.

All’esterno il forno crematorio, distrutto dai nazisti in fuga, è ricordato da un’impronta di lastre di metallo, testimone se possibile ancora più inquietante, di una ferocia indicibile, che fa scendere tra di noi un silenzio denso e grave.

La giornata sta per finire e per cercare di restituirci un po’ di serenità ed allegria andiamo a

Muggia, delizioso paesino di pescatori. In attesa dell’ora di cena giriamo per il borgo, ammirando il porto e le sue barche, e poi la piazza con il Duomo, che ci ricorda tanto Venezia.


Ceniamo al “Corridoio”, piccolo angolo di paradiso culinario, che si trova tra gli stretti vicoli della vecchia Muggia.

Mangiamo pesce di mare freschissimo, pescato il giorno stesso, tra cui ottimi spaghetti alle vongole ed un fritto di sardoni che sembra quello inarrivabile di mia suocera.

Dopo tante chiacchere e risate, finalmente andiamo a letto!


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